Numero di documenti: 102
Felici, o fortunati? Né l'uno né l'altro. Il termine “beati” che ricorre nel testo delle Beatitudini ha invece nel Vangelo secondo Matteo un significato tecnico specifico, che occorre analizzare nel contesto stesso del Vangelo. Esso rimanda al termine “asher”, che apre il Salmo 1, configurando il profilo dell’uomo immerso giorno e notte nella fedeltà orante a Dio. È l’immagine di Gesù che emerge nel racconto di Matteo, che mostra Gesù come il primo dei discepoli, che chiama gli altri a imitarlo e seguirlo nel cercare la volontà di Dio. I “beati” sono perciò i fratelli di Gesù, chiamati a lasciare tutto - patrimonio e famiglia di origine - per seguirlo, e a patire persecuzioni per causa sua, che sarà sempre con loro, in un legame che neanche la morte potrà vincere, grazie alla risurrezione. Aldo Del Monte è stato testimone di questa fedeltà a Cristo, nelle sua esperienza di pastore e Vescovo.
«Per essere adatti e pronti bisogna continuare a ricevere l'“impronta” del “ Signore che si fa servo ”». Così mons. Brambilla, commentando la lettera di san Paolo ai Filippesi (Fil 2,5 - 11) si rivolge a Matteo Balzano e Alessandro Maffioli nella celebrazione che li vede ordinati diaconi nella Cattedrale di Novara. Destinati a un cammino di servizio e d’imitazione del Signore, dovranno rinnovare ogni giorno le motivazioni di una scelta che sarà all’origine di tutti i passi importanti che faranno e delle decisioni che dovranno prendere nel loro ministero.
Nove incontri per dischiudere il mistero dell’ultimo libro del Nuovo Testamento. Il messaggio del veggente Giovanni, intessuto di visioni e simboli, trattiene il mistero profondo della salvezza, che attende di essere rivelato, per donare nuova speranza all’umanità, assetata di Dio. L’itinerario avrà anche funzione propedeutica a un pellegrinaggio in Turchia e Patmos (agosto 2018) proposto dall’Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza, in collaborazione con La Nuova Regaldi e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Novara.
«Quando i mille anni saranno compiuti, Satana verrà liberato dal suo carcere». Il testo del capitolo 20 dell’Apocalisse ha visto i lettori dividersi, nei secoli, tra interpretazioni letterali - che hanno dato vita ai vari “millenarismi” in attesa della fine del mondo - e allegorico-simboliche. Le prime smentite a più riprese nella storia, le seconde funzionali, di volta in volta, a far dire al testo ciò che l’interprete desiderava nel contesto storico a lui attuale. Ma cosa potevano rappresentavano i famosi “mille anni” nel contesto originario, in cui fu scritto il testo? Per rispondere occorre risalire alle radici della letteratura “apocalittica” - così chiamata proprio dall’ultimo testo dell’Antico Testamento -. Essa raccoglie testi esoterici, commissionati anch’essi dalla classe sacerdotale di Gerusalemme, e destinati non al popolo - come i 24 libri accolti nel canone ebraico rabbanita - ma ai membri stessi del gruppo dirigente. Testi densi dei più alti misteri di Dio, e per questo celati sotto un linguaggio simbolico noto solo agli iniziati. La loro teologia è frutto dell’incontro della religiosità ebraica con quella iranica, conosciuta sotto il dominio persiano e fonte di grande fascino e attrazione. In essa il soprannaturale è ricondotto al primeggiare di un’unica divinità, posta all’origine dello spazio e del tempo, inizialmente fusi in un tutt’uno indefinito. Quest’unità si è rotta per dare luogo al tempo della storia umana, dominata dal conflitto tra bene e male, che dopo 12 mila anni volgerà al termine con il trionfo del bene e il ritorno all’unità originaria, che non sarà mai più turbata. Dio abita oltre il settimo cielo, e la sua sede è collocata in quel centro immobile attorno a cui ruotano tutte le altre stelle, che nel V secolo a.C. coincide con uno degli assi della costellazione del piccolo carro. Adonay, il Dio di Israele, è colui che abita questo luogo unico in cui hanno origine lo spazio e il tempo - scandito dalla rotazione delle stelle - e il tempio di Gerusalemme e l’arca dell’alleanza - “piccolo carro” che riproduce quello celeste - sono la sua dimora sulla terra. Se, come dice il Salmo 90, per Dio mille anni «sono come il giorno di ieri che è passato, come un turno di veglia della notte», 12 ore divine corrispondono a 1000 anni umani. I sei giorni della creazione corrispondono quindi a 12 mila anni. E al loro termine si ha il sabato, che nel testo di Genesi non vede mai il tramonto, e quindi dura… 1000 anni. È appunto tempo nel quale regneranno con Cristo alla fine della storia, come narra il testo dell’Apocalisse, la durata di un dì - secondo il computo divino -, al termine del quale Satana sarà liberato, ma per venire subito sconfitto, e definitivamente dal Cristo risorto, insieme con la morte e con i suoi seguaci, per i quali non ci sarà più posto nella nuova creazione, nel giorno eterno di Dio che non vedrà tramonto. È quanto avviene il sabato santo, in cui Cristo sconfigge per sempre la morte, compimento escatologico del primo sabato, senza tramonto, collocato all’origine dei tempi.
Documentazione delle lezioni tenute nelle seguenti date:
Documentazione delle lezioni tenute nelle seguenti date:
Documentazione delle lezioni tenute nelle seguenti date:
“Credo in un solo Dio…”. Così ha inizio il testo del Credo, recitato a messa ogni domenica. Redatto nel concilio di Nicea (325 d.C.), esso riassume in 12 articoli la professione di fede della Chiesa. Affermazioni per lungo tempo date per scontate, ma che oggi sempre più suscitano interrogativi. Come e perché si giunti a formularle? E quanto esse rispecchiano autenticamente la realtà e l’intuizione originaria di Gesù di Nazaret? Un percorso in 8 incontri, guidato dal biblista don Silvio Barbaglia, offre spunti di risposta, esplorando il laborioso e affascinante processo che ha portato a ridefinire l’immagine di Dio a partire dal mistero dell’Incarnazione.
Versione in italiano del Vangelo secondo Tommaso (Matteo Grosso) e documentazione delle lezioni tenute da don Silvio Barbaglia nelle seguenti date:
Lezione n. 1 del 6 novembre 2019
Lezione n. 2 del 13 novembre 2019
Lezione n. 3 del 20 novembre 2019
Lezione n. 4 del 27 novembre 2019
Lezione n. 5 del 4 dicembre 2019
Lezione n. 6 del 11 dicembre 2019
Lezione n. 1 del 13 gennaio 2021
Lezione n. 2 del 20 gennaio 2021
Lezione n. 3 del 27 gennaio 2021
Lezione n. 4 del 3 febbraio 2021
Lezione n. 5 del 10 febbraio 2021
Lezione n. 1 del 14 aprile 2021
Lezione n. 2 del 21 aprile 2021
Lezione n. 3 del 28 aprile 2021
Lezione n. 4 del 5 maggio 2021
Il Cantico dei Cantici – misterioso poema d’amore e di eros nel cuore della Bibbia – letto artisticamente e offerto al pubblico in una nuova, inedita interpretazione. È il contenuto del cofanetto DVD dal titolo "«Mi baci con i baci della sua bocca!» Cantico dei cantici, un sogno d’amore" che rende disponibili i video di sette incontri tenuti dall’attrice e autrice teatrale Lucilla Giagnoni e dal biblista don Silvio Barbaglia in sette domeniche dei tempi di Quaresima e di Pasqua 2014 nell’ambito della sesta edizione di Passio, il progetto di “Cultura e arte attorno al mistero pasquale” promosso dalla Diocesi di Novara. Sei abbracci e un conclusivo "arrivederci" ritmano il canto che dice l'incessante ricercarsi tra la divina Amante e Salomone — donna Sapienza e il Messia figlio di Davide — nel giardino in cui sgorga l'acqua della vita. In un'innovativa traduzione dal testo originario, la poesia del Cantico dei Cantici richeggia simboli biblici e tradizioni ebraiche, che svelano orizzonti di senso inediti.
Commento biblico: don Silvio Barbaglia
Lettura e interpretazione: Lucilla Giagnoni
Musiche originali: Paolo Pizzimenti
Riprese e post produzione: NG Produzioni televisive
IL COFANETTO CONTIENE: 3 DVD, con 7 puntate video da 60 minuti; libretto-guida con introduzione e riassunto delle puntate e il testo integrale della nuova traduzione del Cantico dei Cantici di don Silvo Barbaglia.
COME E DOVE RICHIEDERE IL COFANETTO: Il cofanetto può essere richiesto scrivendo a info@lanuovaregaldi.it il proprio recapito con indirizzo civico, dove sarà inviato per posta ordinaria. È facoltà di chi lo riceve il devolverci un'offerta libera, contribuendo così alla copertura delle spese, secondo le indicazioni disponibili on-line e inviate insieme con il cofanetto.
Un percorso in tre incontri per esplorare i punti cruciali dell'attuale ricerca sulla figura storica di Gesù e la sua ricezione credente nel corso del primo secolo della nostra era. È la proposta che don Silvio Barbaglia (Licenziato in Sacra Scrittura e Dottore in Teologia, indirizzo biblico) rivolge a studiosi e appassionati della storia di Gesù. I tre focus offrono spunti di riflessione, una sintesi delle questioni retrostanti e degli elementi essenziali del dibattito, per delineare prospettive portatrici di elementi di novità.
Evento-oralità-scrittura. È lo schema in tre tappe che il Magistero ecclesiale propone come spiegazione del processo genetico dei Vangeli, interpretando in tal senso il prologo del Vangelo di Luca. Uno schema condiviso dalla maggioranza degli studi, che, inoltre, ritengono in gran parte i racconti evangelici essere stati scritti attingendo al Vangelo di Marco e a una fonte “Q” – mai rinvenuta nei manoscritti, ma di cui è stata tuttavia pubblicata un’edizione critica –, creando testi composti in diverse aree geografiche (Antiochia, Roma, Grecia/Siria, Efeso rispettivamente per Matteo, Marco, Luca e Giovanni) e destinati, in origine, alle comunità che le abitavano. Ma un’attenta lettura del prologo di Luca può avvalorare l’ipotesi dell’esistenza di un antico testo fondatore – il Vangelo degli Ebrei o degli Apostoli – citato dai Padri come testo autorevolissimo, e che Marcione avrebbe usato ed emendato, nell’operazione condannata da Tertulliano e Ireneo come eretica, della scrittura di un nuovo unico vangelo. L’antico vangelo delle origini sarebbe stato steso a Gerusalemme già in contemporanea alla prima attività di predicazione orale, e a esso la scuola scribale della comunità gerosolimitana avrebbe attinto per dare forma a racconti destinati alle classi sacerdotali (Luca), alla missione ad gentes (Matteo), alla formazione battesimale dei catecumeni (Marco) e all’educazione dei missionari (Giovanni). Testi anticamente anonimi, per scelta redazionale esplicita volta a innalzarne l’ispirazione divina, e attribuiti nel II secolo a nomi di illustri campioni della fede per sancirne l’autorevolezza autoriale. La nuova ipotesi muta la collocazione spazio-temporale e l’autorialità dei testi del Nuovo Testamento, aprendo prospettive inedite di comprensione della loro origine.
Un “big man”, amplificato dalla narrazione evangelica rispetto ai suoi contorni reali. Così appare Gesù alla maggioranza degli studiosi, i quali, se ritengono che i Vangeli abbiano “romanzato” molti aspetti della sua vita, accettano però come dati storici alcuni loro elementi, tra i quali quello che Gesù, figlio del falegname, esercitasse a sua volta tale arte come unica sua competenza professionale; egli sarebbe stato quindi analfabeta e non istruito nelle scritture, e perciò la sua sapienza “divina”, superiore a quella degli scribi, sarebbe quindi inventata dai testi. Ma sarebbe anche possibile, e più naturale, pensare al contrario che Gesù, che i Vangeli dipingono come appassionato della Parola, si sia dedicato a essa fin dalla giovinezza formandosi a scuole scribali fino ad acquisirne altissime competenze; i Vangeli avrebbero quindi omesso accenni a questi suoi studi nel racconto della sua infanzia per indurre a pensare a una scienza potentemente “infusa” dall’alto, come parte del suo rapporto figliale con Dio. Un Gesù scriba e rabbì, quindi – come effettivamente è chiamato nei testi evangelici – e dotato di una sua interpretazione personale delle Scritture, che diventa il programma di vita suo e dei suoi seguaci, chiamati a lasciare le famiglie di appartenenza e tutte le loro proprietà, per dedicarsi interamente all’annuncio e alla predicazione, itinerando senza sosta nel territorio di Giuda e Israele. Un programma che Gesù appare trarre dai primi tre capitoli della Genesi, in cui l’uomo “lascia suo padre e sua madre” unendosi per sempre alla donna che ama, e vive dei frutti del giardino di Eden, senza bisogno di lavorare la terra, prima che l’ingresso del peccato sulla scena del mondo sconvolga il piano iniziale di Dio. L’itinerare nella terra di Israele sarebbe simile al passeggiare di Dio nel giardino di Eden, alla ricerca dell’uomo peccatore, come presenza che distingue tra luce e buio e chiama alla conversione. Gesù si pone quindi come nuovo Adamo, fedele al piano di Dio come prima della caduta, e il “regno dei cieli” è appunto lo stile di vita della comunità dei discepoli, che mettono in atto questo ritorno alla signoria di Dio che regnava incontrastata nell’Eden. Gesù, come Adamo, sarebbe quindi uomo nuovo, direttamente creato da Dio a sua immagine, e per questo i racconti di Luca e Matteo ne descrivono la venuta al mondo per concepimento divino nel grembo di una vergine, compiendo l’annuncio profetico di Isaia, in una visione escatologica saldamente fondata sulla protologia della Genesi.
Non solo genericamente “Dio”, ma Kýrios, equivalente del nome sacro impronunciabile di Dio. Così Gesù viene presentato nei Vangeli, in una parabola che nei sinottici parte dalla narrazione della sua vicenda umana per mostrarne la divinità, mentre nel quarto Vangelo parte dalla preesistenza del Verbo di Dio, che si incarna nella storia. Come giunse la comunità credente a tali consapevolezze? Tra gli studiosi che si sono dedicati al tema, Hurtado evidenzia come la comunità credente abbia venerato Gesù come Kýrios negli inni usati ambito celebrativo e liturgico, cosa sorprendente in una religione monoteistica, in cui Adonai non poteva avere comprimari. Ehrman ritiene che la divinità di Gesù sia frutto di una riflessione dei discepoli dopo la sua morte, a partire dalla risurrezione di Gesù, in cui credevano. Boccaccini mostra come, nella complessa fenomenologia del divino, Adonai, con cui Gesù è identificato, ha la prerogativa esclusiva di essere il Creatore, colui dal quale dipende lo start di tutto. Tutti e tre gli autori ritengono che la riflessione cristologica sia stata opera esclusiva della comunità credente, svolta dopo la morte e la (creduta) risurrezione del Maestro, in un processo di mitizzazione delle proprie origini comune a tutte le culture. È tuttavia ragionevole ipotizzare che la rielaborazione dei fedeli sia partita da categorie di lettura maturate nell’esperienza vissuta con Gesù stesso, e tratte dal testo fondatore – i primi tre capitoli di Genesi – che stava alla base della loro halakhah ed era perciò probabile oggetto di assidua meditazione. In esso troviamo le parole con cui Adonai predice al serpente che la stirpe della donna gli schiaccerà la testa. Profezia che riecheggia in Is 7,14 in cui la “vergine” concepirà il Dio-con-noi. Essa, realizzata storicamente da Ezechia, che elimina l’idolo del serpente da Gerusalemme, resta aperta al futuro e si ripresenta in Gesù, “nato da donna” senza intervento maschile, ma per opera della potenza di Dio, che nel grembo di Maria ha dato origine al nuovo Adam – immagine di Dio –, attuando un nuovo processo di creativo. L’intervento dello Spirito non è sostitutivo del seme umano, ma rappresenta lo start di una nuova creazione, che fa ripartire la storia. Gesù così è figlio di Dio in senso proprio, e non in senso adottivo come il popolo e il suo messiah, e il nato da donna è l’iniziatore di una stirpe che si oppone al demonio, realizzando la profezia di Genesi. L’inno di Fil 2,5-11 mostra il nuovo Adam, creatura a immagine di Dio, che accetta in fedeltà al Padre di abbassarsi alla forma del servo, spogliandosi della forma divina; il Creatore perciò dona a lui il suo nome di Kýrios, di cui si spoglia a favore del Figlio, per mantenere a sé il nome di Abbà, che il Figlio stesso gli ha attribuito. È l’esito di una cristologia del basso che, dopo la morte e risurrezione di Gesù, crea le premesse per l’elaborazione del tema della preesistenza del prologo di Gv, che parte sempre dal testo generatore di Gen 1-3, il quale fonda la teologia della parola che esce dalla bocca di Dio e si trasforma in realtà: Gesù è “luce”, la prima parola di Dio, e incarnandosi diventa Adam, come nell’atto ultimo di creazione divina del sesto giorno. I testi iniziali di Genesi, fonte della halakhah di Gesù e del suo gruppo, appaiono così essere fondamento e premessa della comprensione dell’identità di Gesù negli scritti neotestamentari.
Gesù non nega i bisogni dell'uomo, anzi, parte sempre da loro. Ma poi invita costantemente l'uomo alla gratuità, che è lo stile di Dio. Così si comporta il decimo lebbroso, anche se l'uomo è impastato sul modello degli altri nove.
Foto: visita a don Piero Udini presso Campino e cammino all'Eremo di Vercio.
Jihad e martirio cristiano. Uccidere in nome di Dio, o accettare di soffrire per Dio? Strade opposte per il Paradiso, nelle diverse tradizioni religiose. Di cosa si vanta san Paolo? «È quando sono perseguitato che sono forte», cioè quando sono destinatario di un'azione di violenza per Cristo, sono avversato per lui, Cristo non mi abbandona, è sempre con me nel momento della prova. Il martirio cristiano non è quindi rischiare la vita per combattere i nemici della fede, ma resistere con Cristo nel rendergli testimonianza, stando dalla parte lesa e non dalla parte di chi attacca. Solo in questo caso si può essere violenti nella tradizione cristiana, difendendo il debole schiacciato e perseguitato.
«L'avete fatto a me», dice Gesù nel giudizio finale (Mt 25,40) a coloro che hanno accolto i piccoli nel suo nome. È quanto il Vangelo chiede di compiere nei confronti di chi giunge fuggiasco da terre flagellate da guerra e povertà.
Documentazione delle lezioni tenute nelle seguenti date:
Documentazione delle lezioni tenute nelle seguenti date:
Lezione n. 1 - 8 maggio 2019
Lezione n. 2 - 15 maggio 2019
Lezione n. 3 - 22 maggio 2019
Lezione n. 4 - 29 maggio 2019
Lezione n. 5 - 5 giugno 2019
Lezione n. 1 del 15 gennaio 2020
Lezione n. 2 del 29 gennaio 2020
Lezione n. 3 del 5 febbraio 2020
Lezione n. 4 del 12 febbraio 2020
Lezione n. 5 del 19 febbraio 2020
Lezione n. 1 del 4/11/2020
Lezione n. 2 del 11/11/2020
Lezione n. 3 del 19/11/2020
Lezione n. 4 del 26/11/2020
Lezione n. 5 del 02/12/2020
Raccolta delle registrazioni audio del ciclo di lezioni "Matteo. Il Vangelo di Gerusalemme", proposto dalla Parrocchia di Cameri (Novara).
Lezione n. 1 del 19 maggio 2021
Lezione n. 2 del 26 maggio 2021